Canali Minisiti ECM

Tempi di attesa, le Regioni non rispettano l'obbligo di informare

Sanità pubblica Redazione DottNet | 06/07/2018 12:57

Dal 2013 è obbligatorio pubblicarli, ma pochi rispettano la norma

L'obbligo per le Regioni, previsto dal 2013, di rendere noti i tempi delle liste d'attesa, è largamente disatteso, con solo quattro di queste e la provincia di Bolzano che mettono a disposizione del pubblico i dati completi e aggiornati. Tre non ne forniscono nessuno, e le altre sono 'in mezzo'. La fotografia è in una ricerca della Fondazione Gimbe.

 I VIRTUOSI. le Regioni risultate virtuose dal monitoraggio sono Val d'Aosta, Emilia Romagna, Basilicata e Lazio. Mettono a disposizione i dati aggiornati (nel caso del Lazio addirittura con cadenza settimanale) entro i tempi massimi previsti, e per tutte le prestazioni per cui ci sarebbe l'obbligo.

pubblicità

 I BOCCIATI. Campania, Molise e Toscana, riporta la Fondazione, non rendono disponibile alcun report. 

GLI ALTRI. Calabria, Lombardia e Umbria, lamenta il rapporto, rimandano ai siti web delle aziende sanitarie, senza effettuare alcuna aggregazione dei dati a livello regionale. Nove Regioni e una Provincia autonoma rendono disponibile solo l'archivio storico sui tempi di attesa, con range temporali e frequenza degli aggiornamenti molto variabili: Provincia autonoma di Trento dal 2013 al 2017, Abruzzo dal 2013 al 2014, Friuli-Venezia Giulia dal 2009 al 2014, Liguria dal 2017 a marzo 2018, Marche da settembre 2014 a maggio 2018, Piemonte dal 2009 al 2017, Puglia da aprile 2012 a ottobre 2017, Sardegna da ottobre 2014 ad aprile 2018, Sicilia solo ottobre 2013, Veneto da gennaio 2017 ad aprile 2018.

   "Al fine di contrastare questo inaccettabile livello di mancata trasparenza -, conclude Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione -, la Fondazione Gimbe auspica che il nuovo Piano Nazionale per il Governo delle Liste di Attesa definisca criteri univoci per rendicontare pubblicamente i tempi di attesa".

Commenti

I Correlati

La situazione delle liste d’attesa nel Servizio Sanitario Nazionale non mostra segni di miglioramento: attese troppo lunghe, strutture ospedaliere troppo lontane, difficoltà con i Cup e, troppo spesso, agende di prenotazione bloccate

La medicina difensiva spinge molti camici bianchi a prescrivere una ecografia o una visita in più costringendo però così chi ne ha davvero bisogno ad affollare le già lunghe liste di attesa

Scotti: "La Medicina Generale si riconferma ancora una volta l’unico vero baluardo del Servizio Sanitario Nazionale strutturalmente adeguato a fornire ai cittadini un’assistenza di prossimità, gratuita e accessibile a tutte le fasce socio-economiche,

Fipe-Confcommercio e Associazione Aic firmano intesa

Ti potrebbero interessare

La situazione delle liste d’attesa nel Servizio Sanitario Nazionale non mostra segni di miglioramento: attese troppo lunghe, strutture ospedaliere troppo lontane, difficoltà con i Cup e, troppo spesso, agende di prenotazione bloccate

La medicina difensiva spinge molti camici bianchi a prescrivere una ecografia o una visita in più costringendo però così chi ne ha davvero bisogno ad affollare le già lunghe liste di attesa

Via libera del Parlamento allo Spazio europeo dei dati sanitari. Cure più efficienti

Lancet, guadagnati 10,2 miliardi anni di vita in buona salute

Ultime News

La situazione delle liste d’attesa nel Servizio Sanitario Nazionale non mostra segni di miglioramento: attese troppo lunghe, strutture ospedaliere troppo lontane, difficoltà con i Cup e, troppo spesso, agende di prenotazione bloccate

La medicina difensiva spinge molti camici bianchi a prescrivere una ecografia o una visita in più costringendo però così chi ne ha davvero bisogno ad affollare le già lunghe liste di attesa

Scotti: "La Medicina Generale si riconferma ancora una volta l’unico vero baluardo del Servizio Sanitario Nazionale strutturalmente adeguato a fornire ai cittadini un’assistenza di prossimità, gratuita e accessibile a tutte le fasce socio-economiche,

Su Jama i risultati di questa indagine: i pazienti a cui viene erroneamente assegnata una diagnosi di infarto miocardico sono spesso sottoposti a ulteriori test, tra cui imaging ad alto costo e procedure invasive potenzialmente rischiose